martedì 27 agosto 2013

Il rugby e i bambini: obiettivi metodologici


IL BAMBINO CONOSCE TRAMITE IL FARE
Il "fare" che noi utilizziamo è il gioco del rugby, con fasi di contatto controllato, che valorizza il gioco di squadra e che sviluppa le capacità condizionali e coordinative del bambino.
Naturalmente le fasi di contatto e la complessità del gioco sono commisurate all'ambiente della palestra e alla capacità degli alunni: il contatto infatti è estremamente limitato, poiché il gioco sarà sviluppato in spazzi stretti "variabili" ma sempre con l'obiettivo di imparare a evitare l'avversario, non con quello di affrontarlo in uno scontro diretto.
Alla fine del ciclo di lezioni tutti gli alunni saranno in grado di giocare a rugby, uno sport semplice e di facile comprensione.
Maschi e femmine partecipano insieme a tale attività, poiché a questa età lo sviluppo fisico e fisiologico non ha ancora evidenziato differenze apprezzabili, con il duplice vantaggio di permettere un'esperienza non vincolata a capacità motorie gia acquisite da uno solo dei due sessi e di sviluppare, quindi, una buona integrazione tra i maschi e le femmine. Inoltre, cimentarsi con uno sport "nuovo" permette anche una migliore integrazione tra etnie differenti, svincolato come è da esperienze pregresse.
L'impostazione metodologica basata sul gioco permette di assicurare la necessaria spontaneità di espressione e di tenere alto il livello di attenzione.

OBIETTIVI METODOLOGICI
Il rispetto delle regole
Qualsiasi gioco o esercitazione motoria prevede la conoscenza e il rispetto di regole di comportamento. Gli alunni devono imparare, attraverso il gioco di squadra, che l'infrazione non nuoce solo a chi la commette, ma a tutta la squadra. Devono interiorizzare, con un processo più razionale, che rispettando le regole si possono raggiungere gli obiettivi prefissi. Tutto questo gli alunni lo imparano giocando, poiché il gioco diventa il "trucco" con il quale l'educatore trasmette un concetto complesso come quello del rispetto delle regole.

Il rispetto dei compagni
Immediatamente conseguente al rispetto delle regole è l'importantissimo rispetto dei compagni. Attraverso questo concetto gli alunni imparano relazionarsi con gli altri e quindi a collaborare o competere in maniera costruttiva.
Essendo il gioco del rugby uno sport di squadra (e di contatto), il gioco stesso insegnerà agli alunni che i compagni, che ti consentono di giocare, fanno parte dello stesso gruppo di persone che condivide le stesse fatiche, le stesse gioie e le stesse delusioni. Naturalmente il ruolo dell'educatore in questa fase è fondamentale: egli rinforzerà ogni atteggiamento di incoraggiamento tra compagni e condannerà ogni rimprovero tra di essi.

La collaborazione
Dovendo giocare in squadre, gli alunni devono imparare a collaborare per raggiungere un obiettivo comune. Generalmente, nel rispetto dello sviluppo del ragazzo, è bene partire da una risoluzione individuale del problema: ogni persona è naturalmente predisposta a concentrarsi prima sulla propria persona e sulle proprie potenzialità, poi sulla cooperazione con il gruppo. È positivo che tutti i ragazzi provino una risoluzione personale della situazione: molti individui passano la palla al compagno apparentemente per cooperare, in realtà solo per scaricare la difficoltà ad altri. Così facendo, però, non riusciranno mai a conoscere le effettive potenzialità del proprio corpo.
Fino a 9-10 anni la collaborazione viene vissuta come un insieme di compiti individuali affiancati ma divisi, ovvero il lavoro del compagno inizia dove finisce il proprio, mentre dopo i 10 anni si elabora un concetto più complesso, cioè che con tanti sforzi congiunti, insieme si arriva a un obiettivo comune sacrificando le ambizioni personali per mettersi al servizio del bene della squadra. Questo insegna agli alunni che nessuno è inutile all'obiettivo comune, ma che ognuno può partecipare al raggiungimento dello stesso mettendo a disposizione della squadra le sue capacità. Viene cosi stimolata la valorizzazione delle capacità personali, la solidarietà e l'attitudine al lavoro di gruppo. Naturalmente l'educatore in questa fase incoraggerà tutte le iniziative di collaborazione tra compagni e cercherà di correggere l'individualismo sfrenato che spesso rappresenta un grosso problema negli alunni che non hanno superato la fase dell'egocentrismo.

Il rispetto dell'avversario
È questo l'elemento che rende intelligente il gioco: senza l'avversario non si creerebbero quelle varietà e quantità di problematiche belle da dover risolvere (come posso superare il mio rivale: aggirandolo + spingendolo indietro + con l'aiuto di un compagno + scavalcandolo con un calcio a seguire + ecc.) ed è pertanto fondamentale che l'alunno impari subito a capire che senza l'avversario il rugby non può essere giocato. Inoltre il fatto che il nostro è uno sport di contatto "o di combattimento" fa sì che l'alunno sviluppi subito il rispetto dell'avversario più che negli sport senza contatto.
Nel gioco del rugby alla fine di ogni partita, com'è tradizione, verrà chiesto ai giocatori di formare un "corridoio", attraverso il quale far passare gli avversari per salutarli stringendo loro la mano, per sottolineare il fatto che essere avversari non significa essere nemici.

La fiducia in se stessi
Raggiungere degli obiettivi, segnare una meta, riuscire a eseguire le esercitazioni motorie proposte permette ai bambini di aumentare la fiducia in se stessi. Attraverso il corpo e il movimento gli allievi accrescono la consapevolezza nei propri mezzi e, provando, si accorgono di essere in grado di affrontare anche situazioni complesse. Per raggiungere questo obiettivo gli educatori propongono esercitazioni commisurate alle capacità degli allievi e con difficoltà progressive, prima globali e poi specifiche, permettendo ai bambini di non affrontare ostacoli che non siano in grado di superare.

La paura del contatto
Il contatto con la palla, con il terreno, con l'avversario e con il compagno è una particolarità necessaria nel gioco del rugby. Il superamento della paura del contatto è funzionale all'accrescimento della fiducia in se stessi.
Essendo gli alunni non abituati ad attività motorie di contatto si genera in essi un senso di insicurezza che si estende anche all'attività di relazione. Attraverso esercizi vari di giravolte, camminate "a quattro zampe", con l'ausilio di materassi e altri supporti didattici specifici, gli educatori daranno agli alunni gli strumenti necessari per un approccio graduale al contatto.

LO SVILUPPO DELLE CAPACITÀ COORDINATIVE E CONDIZIONALI ATTRAVERSO IL GIOCO DEL RUGBY
Capacità coordinative
Il gioco del rugby è un ottimo strumento per lo sviluppo delle capacità coordinative, grazie principalmente all'uso della palla ovale e alla dinamica propria del gioco, che ha come principio l'avanzamento attraverso la ricerca dello spazio che si modifica durante il gioco stesso. In questa dinamica il giocatore sviluppa la percezione e controllo del proprio corpo e le capacità coordinative dinamico-generali, spazio-temporali, oculo-manuali e intersegmentarie.

Capacità condizionali
Il gioco del rugby è un buon mezzo per sviluppare tutte le capacità condizionali, partendo dalla forza che si sviluppa nelle situazioni di lotta.
La resistenza si sviluppa in modo globale durante il gioco attraverso il volume del lavoro, aspetto fondamentale anche nell'allenamento dei neofiti. La rapidità del giocatore di rugby è una capacità dai molti aspetti, in quanto accorpa non soltanto la capacità di agire-reagire con prontezza, di scattare e di correre velocemente, di passare la palla rapidamente, di scattare e arrestarsi, ma anche quella di intuire rapidamente e di sfruttare la situazione esistente. La rapidità psico-cognitiva del rugbista si manifesta nella veloce intuizione (capacità di percezione e di anticipazione) di una situazione del gioco, nella capacità di cambiare o di decidere velocemente un'azione efficace di gioco e nella rapidità di decisione.

Etica nel Rugby

Ma, le genti fuori il campo mostrano la stesse valori?
"Rugby è un gioco per tutti", "Rugby ha tanti valori", "Etica e Rugby vivono insieme"......
Nella storia del rugby italiano si sono scritte tante parole su quanto bello è il gioco del rugby per insegnare e per  imparare cosa vuole dire "disciplina", "rispetto", "sacrificio", spirito di squadra" etc.
Ma ad una partita di rugby in Italia, a qualsiasi livello,  tutta la gente che assiste all'incontro vive pienamente queste parole?.
A bordo campo "gli adulti", le stesse persone che hanno inscritto i figli a rugby per far loro apprendere come comportarsi e come imparare quello che abbiamo scritto sopra, non sempre sono di esempio positivo!
A volte troviamo di queste situazioni ;      
Un numero di giocatori in campo stà provando a giocare a rugby con un arbitro che sta provando ad aiutarli a giocare nelle regole. A bordo campo alcuni allenatori stanno urlando contro i propri giocatori ( molto bravi se riescono a giocare ed ascoltare l'allenatore allo stesso tempo), perchè secondo loro non stanno giocando bene ( se stessero zitti, probabilmente i giocatori potrebbero fare più serenamente e proficuamente quello per cui sono scesi in campo ).
Poi ci sono alcuni genitori che pensano che se l'allenatore può urlare, anche loro possono "offrire una o due opinioni!". C'è un altro gruppo di persone sicure che l'arbitro non sta facendo bene il proprio lavoro, e quindi, loro che "conoscono meglio le regole" , gli urlano contro.  Poi fatto un piccolo passo troviamo un terzo gruppo che pensa solamente ad offendere l'arbitro convinti che ciò sicuramente lo aiuterà ad arbitrare meglio.
Tutto questo mentre i giocatori in campo stanno provando a giocare a rugby - dentro le regole, imparando  le cose importanti come "rispetto", "disciplina" etc come i loro genitori volevano.
E' interessante poi quando troviamo un quarto gruppo fuori dal campo:  guarda la partita, applaude alle cose ben fatte e sta in silenzio dopo un errore.
Sono (normalmente) vecchi giocatori di rugby che, anche se sembra impossibile, hanno imparato i  valori del rugby in un ambiente come quello descritto sopra.

La domanda è questa - indipendentemente dalla partita e dalla situazione, con quale gruppo tu vorresti guardare un'incontro di rugby?

Dedicato a tutti i campioncini che verranno a trovarci.


Il fitrugby per i bambini

Vi aspettiamo provare non costa nulla........


Vieni a giocare a Rugby con noi.


Per le ragazze ed i ragazzi che hanno voglia di provare a vedere cos’è il rugby,
che hanno voglia di provare a giocare a rugby,
che hanno voglia di passare un po’ di tempo con gli amici condividendo uno sport o una passione che sia,
bene, allora ci troverete alla palestra di del liceo scientifico E.Medi di Montegiorgio  dal 24 settembre dalle ore 18:30 alle 19:30
Cerchiamo ragazze e ragazzi nati dal 1995 al 2008.
Vieni anche tu a divertirti con noi!!!!!!

lunedì 12 agosto 2013

Pillole di Pediatria Perché giocare a rugby?


a cura del Dott.Marco Cappa
Dipartimento di Medicina Pediatrica – Endocrinologia API B

Perché giocare a Rugby?
Appena un bambino vede una palla, in genere non la prende a calci, ma la esplora con le mani la osserva e la lancia con le mani.
È naturale che poi impari a correre con la palla in mano. Già questa osservazione fa capire perché l’inventore del Rugby William Webb Ellis, durante una partita di Football prese la palla con le mani e corse fino a portarla oltre la linea di porta. Ciò avveniva nel 1823 nella scuola della cittadina di Rugby e quel gesto spontaneo ha innescato il mondo del rugby che oltre ad essere uno sport è una filosofia di vita.

Per un bambino di 6-7 anni che cosa c’è di più bello che avere la possibilità di correre con la palla in mano, “acchiappare” quello che ha la palla e rotolarsi per terra.

Il Rugby è libertà, scuola di vita e disciplina.

Da un punto di vista medico sportivo è un classico sport aerobico anaerobico alternato, cioè è necessaria resistenza e nel contempo velocità.
Ma diversamente ad altri sport i ruoli determinano un impegno diverso, infatti gli “avanti” devono anche avere qualità di potenza pura, mentre i tre quarti (gli attaccanti) devono avere nel loro bagaglio tecnico oltre a capacità di forza esplosiva “velocità” anche notevole “destrezza”.


È pericoloso giocare a Rugby?
Il Rugby è uno sport di contatto, e come tale un bambino che effettua tale sport sicuramente si abitua a ricevere e dare colpi.
Proprio l’abitudine al contatto fisico che permette ai giovani che praticano questo sport di evitare traumi, e nel contempo a rispettare l’avversario.
Il contatto è ammesso soltanto per chi ha la palla in mano e pertanto ci si aspetta il placcaggio ed è prevedibile che possa cadere con la palla in mano.


Tutti possono giocare a Rugby?
Si, dato che c’è notevole differenza fra i ruoli, contrariamente a quello che si pensa un bambino non eccessivamente grande può giocare tranquillamente, svilupperà quelle che sono le capacità per risolvere il “problema” statura e peso.

Ci sono esempi anche a livello internazionale che mostrano come un classico “mingherlino” può giocare contro i sovradimensionati “avanti”. Vediamo ad esempio come nel 6 Nazioni giocatori come il mediano di mischia irlandese Peter Stringer o l’italo-argentino Ramiro Pez riescano ad emergere nonostante abbiano un fisico da comune mortale.
Naturalmente non ci sono impedimenti diversi dagli altri sport di squadra, e le limitazioni sono le stesse per quanto riguarda calcio, basket e volley.


Quando iniziare a giocare?
Il minirugby è da anni introdotto in Italia e già da un’età di 7-8 anni è possibile praticarlo, naturalmente le regole sono diverse e nelle prime fasi la pratica del rugby equivale a momenti ludici con delle regole molto semplici.
Il bambino che gioca a Rugby impara a correre con la palla, a fermare l’avversario che è portatore di palla e a superare la linea di meta.
Acquisisce quindi le modalità per una corretta corsa ed un corretto modo di cadere se placcato e comincia ad acquisire capacità di destrezza per evitare di essere bloccato dall’avversario. Inoltre comincia ad acquisire il concetto di disciplina in campo dove non si deve mai protestare ne reagire e imparare a controllare le reazioni.
Con il minirugby inizia una vera e propria scuola di vita.


Quale impegno fisico deve sostenere un giovane che pratica il rugby?
L’impegno cardiovascolare è identico a quello degl’altri sport di squadra, la differenza è legata all’abitudine al contatto fisico, indubbiamente il piccolo atleta deve essere in buone condizioni generali e soprattutto deve avere un’integrità dell’apparato muscolo tendineo ed osteoarticolare, naturalmente gli impegni di tale apparato sono diversi a seconda dell’età del praticante, ovviamente il bambino più piccolo incontrerà pari età e l’impatto sarà proporzionato. La preparazione fisica del giovane atleta deve essere impostata, come tutti gli sport di squadra ad impegnare l’apparato cardiovascolare, l’apparto osteoarticolare e muscolo-tendineo. Il bambino che pratica rugby deve essere in grado di correre, spingere, saltare, e deve avere una buona destrezza per scartare gli avversari.